lunedì 29 aprile 2013

Martedì della V Settimana di Pasqua

Vi do la mia pace


Martedì 30 aprile - San Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786 - 1842)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,27-31)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».

Spunto di meditazione e preghiera personale:

Gesù ci lascia un altro insegnamento attraverso la Parola, ci regala un altro dono anch'esso frutto dell’Amore del Padre verso di noi: la pace. Ma la pace che ci lascia, Lui ci tiene a specificarlo subito, non è la "pace del mondo", che in definitiva si riduce ad un gioco di equilibri, ad una - sempre relativa - tranquillità (quando c'è!) appesa all'assenza di conflitti eclatanti e a compromessi sempre precari... piuttosto, è la pace dello spirito, frutto del perdono, della misericordia, della carità, della riconciliazione, del senso di sentirsi ed essere figli di Dio, di essere e comportarsi come fratelli, di appartenenza a Gesù e di comunione con Lui.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace” è la nuova vita che ci aspetta dopo il sacrificio di Gesù: “Vado e tornerò da voi” è la promessa che non ci abbandonerà mai più. Con l’istituzione dell'Eucaristia nell'ultima cena ci farà dono del Suo memoriale, della comunione con il Suo corpo e sangue: non possiamo vederlo con gli occhi della carne, ma solo con quelli dello spirito. Nell'intimo del nostro cuore Gesù diventa un tutt'uno con noi, entriamo a far parte di quella dimensione celeste ogni volta che entriamo in contatto con Lui. E la Sua pace - questo senso di pienezza e di gioia di vita - è ciò che ci rallegra, che ci rende beati, è il frutto del Suo amore. Impariamo ad ascoltare la Sua voce che ci parla, questo è il segreto per vivere una vita felice, ascoltare e vivere secondo il Suo insegnamento... davvero non ci chiede tanto e tanto ci regala, tutto il Suo Amore!

domenica 28 aprile 2013

Lunedì della V Settimana di Pasqua
   
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli 



 Lunedì 29 aprile 2013 – Santa Caterina da Siena  

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)

In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

 

Spunto di meditazione e di preghiera personale:
 
Matteo ci riporta, nella Liturgia della Parola di oggi, alla rivelazione del rapporto speciale che Lui ha col Padre Celeste, ma che non esclude i discepoli, anzi! E' vero che tutte le Sue opere sono opere del Padre, tramite Lui, ma questo agire del Padre ha proprio nei discepoli (i 'piccoli') i suoi destinatari. Perché così 'è piaciuto' al Padre! Gli è piaciuto che questo amore fosse 'inclusivo' e non esclusivo ed escludente. Dio segue logiche completamente diverse dalle nostre.
Dio, nel Suo grande amore verso gli uomini, nonostante il veleno inoculato nella Creazione col peccato originale - che lascia tracce inequivocabili dall'omicidio di Abele e dalla corruzione al tempo del Diluvio Universale fino a "quel tempo” in cui Gesù parla (e fino ad ora...) - ha deciso di rispondere al male con la misericordia, mandando il Figlio come pegno e via di salvezza, come dono per la remissione dei peccati, inaugurando una nuova era di amore, fratellanza e carità, di speranza per il futuro. E di questo il Figlio gioisce.
Dare un senso alla nostra vita avendo come obiettivo il dono finale: il ritorno alla casa del Padre, la vita eterna vissuta in piena felicità e gloria al Suo fianco. Questo è il messaggio del Figlio dell’Uomo, che rivela la Sua natura Divina di Figlio di Dio incarnato, come via unica di accesso a Dio: si rivela affinché tutti lo riconoscano e si avvicinino a Lui, con fiducia, perché Lui solo tramite il Padre può dare conforto e ristoro agli oppressi.
Siate miti e umili di cuore, diffidate dei ragionamenti dei superbi e dei duri di cuore (gli scribi, i farisei, i Giudei induriti non sono purtroppo un semplice ricordo del passato, anzi!), vivete in semplicità di Spirito e in comunione con me e con il Padre, lodateLo ogni momento così come faccio Io - dice Gesù - e troverete pace e serenità per tutta la vita... “Io sono la Via, la Verità e la Vita, chi crede in me vivrà in eterno”!

sabato 27 aprile 2013

 
V Domenica di Pasqua

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri

Domenica 28 aprile 2013 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-35)

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».



Spunto di meditazione e di preghiera personale:

Giovanni ci riporta ad uno dei momenti di grande tensione dell’ultima cena: Gesù ha appena indicato agli Apostoli, che glie lo chiedevano, chi lo avrebbe tradito, anche se poi il Maestro stesso sfuma l'attenzione usando parole che non denunciano direttamente il traditore e quindi questa iniziativa passa quasi in sordina, dando modo a Giuda Iscariota di uscire indisturbato “per fare ciò che doveva fare”.
L’uscita di Giuda dal Cenacolo in qualche modo stempera l’atmosfera: Gesù tuttavia sa che tutto sta per compiersi attraverso un'azione di per sé infame, che potrebbe essere indicativa di un fallimento totale, proprio nella cerchia ristretta dei suoi seguaci ... il tradimento per pochi denari!
Ma Gesù non usa parole di auto-commiserazione o di dolore, non appare affatto come uno sconfitto, anzi parla di "glorificazione" del Figlio dell'Uomo (quindi di Lui stesso) e del Padre attraverso di Lui.  La Sua vita "acquista peso", la Sua vicenda proprio in questo apparente tracollo assume la massima densità, la massima importanza: il Messia davvero si mostrerà in tutta la Sua "gloria", che non è quella degli uomini ma quella che solo Dio sa rivelare, perché è amore che arriva fino alla negazione di se stessi, fino al dono totale che consuma.
Finisce, in certo qual modo, il tempo dell’Uomo che compie prodigi, parla parole di sapienza assoluta, muove i cuori e le folle (osannanti ancora pochi giorni prima) ed inizia la glorificazione di quel Dio che ha assunto la nostra fragilità attraverso la Passione, Morte e Risurrezione.
Gesù parla ai Suoi con un linguaggio paterno, li chiama ora sorprendentemente “figlioli” ... rimarrà ancora poco “fisicamente” con loro, nelle sembianze umanissime del Maestro di Galilea che li ha chiamati tre anni prima e li ha condotti attraverso esperienze straordinarie, ma non li abbandonerà mai, sarà presente in mezzo a loro, in loro, in modo diverso, con il Suo Spirito.
Così Gesù - agendo come un capofamiglia premuroso davanti alla prova, alla crisi che sta per colpire i suoi cari insieme con lui - sprona i Suoi a cercare una profonda unità tra  loro e a non avere paura. Anzi, come ultimo dono lascia loro un comandamento "nuovo", cioè fondante e basilare, trasfigurato e trasformante, come "nuova" è l'Alleanza che Lui inaugura, una mirabile sintesi tra la Legge del VT, scritta sulle due tavole di pietra, e la nuova Legge, scritta sulle tavole di carne dei nostri cuori (cf. 2 Cor 3,3), l'unico 'luogo' in cui si può incidere il precetto unico ed unificante di tutta la Torah, di tutta la millenaria storia di rivelazione al Popolo eletto che è la legge dell'amore: “Amatevi gli uni verso gli altri come Io ho amato voi”. Questo, d'ora in poi, sarà il segno distintivo dei discepoli di Cristo, ovunque essi andranno… uomini e donne portatori di pace, di misericordia, di carità, di rispetto, di fratellanza, di sostegno reciproco, di amore verso sé stessi, verso i propri simili e verso il Padre Celeste che così tanto li ha amati.
Sabato della IV Settimana di Pasqua
Chi ha visto me, ha visto il Padre
 
Sabato 27 aprile 2013 – San Simeone, Vescovo e martire (Gerusalemme)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,7-14)


In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

 

Spunto di meditazione e di preghiera personale:


Giovanni ci presenta Gesù nel contesto dell'ultima Cena, quella del Suo passaggio (Pasqua) dal mondo al Padre, mentre apre agli apostoli l'intimità del Suo rapporto, appunto, col Padre Celeste.
E’ Filippo questa volta ad interrogarlo e chiedere spiegazioni, è lo stesso apostolo a cui Gesù aveva fatto riferimento nella prima moltiplicazione dei pani e dei pesci, esortandolo a valutare cosa e quanto comprare da mangiare per sfamare la folla: porta un nome greco, potremmo immaginare che rappresenta un po' la razionalità, la logica... greca, appunto. Qui chiede a Gesù, per credere alle Sue parole, di mostrare a tutti loro il Padre. Il ragionamento è semplice e lineare, apparentemente, d’altra parte sappiamo che gli Apostoli sono fondamentalmente gente semplice e priva di cultura: “mostraci il Padre così come Tu ti sei rivelato a noi” è il succo del discorso di Filippo. 
Ma Gesù lo incalza ed il Suo discorso può spiegarsi così: “ma come Filippo, anche tu mi dici queste cose, non ti è bastato vedermi all’opera, ascoltare le mie parole, compiere miracoli, guarire gli infermi, risuscitare Lazzaro... guarda che le cose che ho detto e fatto non sono opera mia, Io sono stato solo il tramite, è il Padre che opera in me ed Io in Lui... è la forza di questa relazione che rivela la mia piena identità, la vera natura di Dio nella storia!”. 
Difficile ancora una volta per gente semplice accogliere la rivelazione di questa identità nella distinzione, di questa duplicità di persone che tende all'unità nella comunione della Terza Persona... ma tutto sommato anche per noi oggi non è facile comprendere fino in fondo il rapporto Padre-Figlio. Anche a noi si ingarbugliano le idee... Solo l'amore ci permette di 'fare il salto'.
Il Figlio è generato dal Padre, eternamente, e la relazione tra loro è lo Spirito Santo, ma è il Figlio che, a differenza del Padre si è “incarnato e si è fatto uomo” per noi, per tornare di nuovo alla Sua relazione fondante col Padre stesso, dopo l’Ascensione al Cielo, nell'unità dello Spirito.
Se il Padre non fosse stato in Lui e non avesse operato tramite Lui, Gesù poteva essere considerato un profeta come un altro; invece è l’Amore e la rivelazione del Padre in Lui e con Lui a renderlo Figlio, uno col Padre e lo Spirito Santo!  

giovedì 25 aprile 2013

Venerdì della IV Settimana di Pasqua

Io sono la via, la verità e la vita

Venerdì 26 aprile - San Cleto, Papa (Secondo Pontefice Romano dopo S. Pietro)

Dal Vangelo secondo Giovanni  (Gv 14,1-6)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».

Spunto di meditazione e preghiera personale:
 Il brano di Giovanni di oggi ci annuncia, facendo un passo indietro rispetto al testo di Marco di ieri, l’imminente ascesa alla casa del Padre di Gesù. Con tono amorevole ed affettuoso Gesù rassicura i Suoi discepoli, li prepara ancora una volta “al tempo” in cui saranno soli senza la di Lui presenza sensibile. Li esorta a non avere paura, a non avere dubbi, a guardare il tempo, la vita, le cose terrene con gli occhi della Fede. Dice ai discepoli di aver tracciato la via in terra per la 'rivoluzione' dell’annuncio della Buona Novella, ma dice anche che gli preparerà la strada per un posto con Lui nel Regno dei Cieli e che tornerà a prenderli. Gesù è il Buon Pastore non lascerà le Sue pecore smarrite, impaurite, senza meta, ma le ricondurrà personalmente ogni volta alla casa del Padre per vivere con Lui la vita eterna. “Io sono la Via, la Verità e la Vita” Gesù ci rassicura tutti sarà sempre con noi nell’ascolto, nei momenti felici, come in quelli tristi, al principio della nostra vita, così come alla fine, sarà Lui a prenderci per mano, a rassicurarci con il Suo Amore, a consolarci, a condividere nella fratellanza l’Amore del Padre, a ricondurci nel momento del trapasso nella Casa del Padre, perché dove è Lui saremo anche noi: “Non abbiate paura Gesù sarà sempre e per sempre con noi”!

mercoledì 24 aprile 2013

 Giovedì della IV Settimana di Pasqua 

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

Giovedì 25 aprile 2013 – San Marco, Evangelista
  Dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20)
 
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.






 

Spunto di meditazione e di preghiera personale:

Ieri la Liturgia presentava la conclusione della predicazione pubblica di Gesù; oggi nel Vangelo di Marco, il Messia risorto passa il testimone ai Suoi Apostoli: li aveva già preparati a questo quando li aveva inviati a predicare  due a due, solo con quanto avevano addosso, di modo che imparassero ad affidarsi al Padre, che nulla fa mancare ai Suoi figli.
Questa volta Gesù, dopo aver consegnato loro la missione, torna alla casa del Padre: la Sua vicenda terrena è terminata, riprende il posto che gli spetta nei Cieli, alla destra di Dio Padre.
E questo per tutti noi rappresenta la garanzia che tutto si è compiuto, che ogni cosa torna al suo posto: siamo certi che potremo godere con Lui di quella Gloria nella vita eterna promessa.
Gesù non ha voluto, per così dire, "occupare tutto lo spazio" disponibile: non ha scritto personalmente la testimonianza della Sua predicazione, non ha "sistemato tutto", o "cambiato tutto"... ha lasciato ai Suoi l’arduo compito di portare a compimento la trasfigurazione della creazione attraverso il dono dello Spirito, che arriva all'uomo per mezzo dell'annuncio del Vangelo nella Chiesa, Popolo di Dio vivo nella storia.
Ed è proprio così che Gesù ci lascia in eredità non una narrazione, men che mai una semplice regola o filosofia di vita, ma piuttosto sé stesso immolato sulla Croce e risorto dopo tre giorni, vivo per noi, per riscattare i nostri peccati.
Marco è il primo a scrivere, il suo è il Vangelo più antico, scarno ma efficace: inizia dal battesimo del Battista per finire con l’esortazione del Messia: “andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo (la Buona Novella)”. Gli Apostoli sono ormai pronti, la paura che li aveva attanagliati i primi giorni, facendoli nascondere tutti assieme, è finita: sono pronti a raccogliere l’eredità lasciata da Gesù con la Parola, lo Spirito è sceso su di loro, Gesù veglierà su di loro con una vicinanza diversa, lasciando a loro il potere di rimettere i peccati, di imporre le mani e guarire i malati, di scacciare i demoni, di predicare Amore e Misericordia, di portare la pace e la fratellanza in tutto il mondo.
Essi sanno che saranno perseguitati (e che il martirio li aspetta) per tutto questo, ma il messaggio del loro Maestro è penetrato nei loro cuori, nel loro Spirito, ed ora sono pronti ad affrontare qualsiasi cosa per trasmettere a tutti la Buona Novella, fino all'estremo sacrificio, uniti nell'amore e nella testimonianza fino alla morte, per annunciare la Vita Eterna e l’Amore del Padre.
Noi saremmo stati e siamo, oggi, capaci di seguire il loro esempio?

martedì 23 aprile 2013


Mercoledì della IV Settimana di Pasqua
Io sono venuto nel mondo come luce

Mercoledì 24 aprile - San Fedele da Sigmaringen, sacerdote e martire (Sigmaringen, Stoccarda 1578 - Sewiss 1622)
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 12,44-50)
In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

Spunto di meditazione e di preghiera personale:
Giovanni termina, con oggi, la narrazione dell’insegnamento di Gesù in pubblico. La Parola, la Buona Novella è stata rivelata agli uomini, da adesso saranno gli eventi a confermare le parole. Gesù ha detto la Sua verità, ha integrato con una nuova luce gli insegnamenti del VT (io sono venuto nel mondo come luce), ma qui ci spiega, ancora una volta il mistero del Figlio dell’Uomo: Lui non è un Profeta, non parla su parole rivelate, Lui è la Parola. E’ il Padre Celeste che parla tramite Lui ed in Lui, la Sua Parola è quella del Padre. Gesù è l’incarnazione del divino, ci inizia così a spiegare una parte del mistero Trinitario: Lui è Figlio, ma è anche Padre (e Spirito Santo), chi crede in Gesù, crede anche in Dio, che ha mandato il Suo Figlio prediletto a donarci la vita eterna, sacrificando la Sua vita per parte umana, per poi risorgere, rinascere in carne e Spirito. Ma Gesù ci dice anche che non abbiamo bisogno di aspettare dopo la morte per avere la vita eterna, possiamo iniziare a condividerla già sulla terra basta aver fede.....credere, lasciarci illuminare da quella luce che è Gesù stesso e che ci indica la via dell’Amore e della misericordia. E’ interessante notare come inizia il brano Giovanni: ci dice che Gesù "esclamò!". Gesù ha parlato, ha predicato, ha fatto dei segni piccoli e grandi......dei miracoli eppure il Suo popolo è ancora sordo, duro di udito, ma anche di cuore....... Gesù sa che ha poco tempo davanti e non si capacita di come i Giudei, ma anche i discepoli non siano completamente al Suo fianco, anzi i primi non lo saranno mai. Così alza il tono per farsi sentire da tutti, per svelare il Suo volto, il volto di Dio! E noi siamo in grado di riconoscerLo, di sentire la Sua voce, di credere in Lui, di vedere in Lui l’Amore del Padre ed il Padre stesso?







Martedì della IV Settimana di Pasqua
Io e il Padre siamo una cosa sola

Martedì 23 aprile - San Giorgio, martire
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,22-30)
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Spunto di meditazione e di preghiera personale:
Giovanni nel suo brano di oggi ci narra l’ultima predicazione di Gesù al Tempio. E’ la festa della Dedicazione o riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme, fatta dopo un'antica profanazione causata da Antioco IV con l’introduzione nel Tempio stesso di una statua di Giove Capitolino. Si celebra durante il mese di Dicembre, tant’è che l’evangelista ci sottolinea che ci troviamo in inverno: un po' strana questa citazione, normalmente non si fa caso al tempo, alla stagione. Il riferimento potrebbe essere anche simbolico: cioè, parlare della stagione del freddo dei cuori, il rigido approssimarsi del tempo ormai prossimo della Passione di Gesù... un inverno dell’animo umano, delle masse come sempre volubili che preferiranno abbandonare Gesù, il Messia della Storia, scegliendo al suo posto Barabba, un rivoluzionario assassino.
Ultima notazione storica della festa della Dedicazione è che viene chiamata anche 'festa delle luci', perchè all'epoca venivano e restavano accesi ininterrottamente per tutto il tempo della festa, una settimana, i candelabri del Tempio.
Come sempre, Giovanni non lascia nulla al caso il suo accenno alla riconsacrazione del Tempio è la perifrasi neanche tanto nascosta della domanda posta a Gesù dai Giudei, la forte classe dirigente ebraica, custode della tradizione e della Legge VT, cioè: “Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”. Ancora una volta una provocazione a Gesù, il tentativo è chiaro, vogliono che Egli ammetta di essere il Consacrato, l’Unto del Signore, per poterLo perseguire ed arrestare o lapidare immediatamente (come subito dopo tenteranno realmente di fare, ma il tempo non era ancora compiuto) gridando allo scandalo, come faranno di lì a poco tempo durante la Pasqua. Gesù non si tira indietro ed afferma che loro hanno potuto vedere le Sue opere, hanno ascoltato le Sue parole - ogni cosa è stata compiuta nel nome del Padre - ma non hanno creduto e non potranno mai credere, perchè non fanno e non faranno mai parte del Suo gregge... parole forti, difficili da riferire, secondo certi nostri schemi, al Messia misericordioso... ma non sono affermazioni di esclusione da parte Sua, bensì affermazioni dichiarative di una situazione di chiusura sempre più radicale, premonizione profetica di quanto dovrà accadere a compimento proprio di quelle Sacre Scritture di cui i Giudei si proclamano fedeli custodi e seguaci.
E Gesù apertamente afferma che farà dono della Vita eterna a tutti coloro che lo seguiranno, il Suo gregge di pecore: un paragone che non intende tanto mettere in evidenza la debolezza ottusa degli uomini, visti cioè come soggetti manipolabili, capaci solo di seguire senza capire, quanto piuttosto, al contrario, come persone dal cuore aperto e fedele, docili, capaci di ascoltare e di riconoscere la Sua Parola come la Parola che viene dal Padre, il Padre di tutti gli uomini, con cui Gesù è un Unicum, un'unità di comunione e di amore nella relazione delle Tre Persone divine.

domenica 21 aprile 2013

Lunedì della IV Settimana di Pasqua

Io sono la porta delle pecore

Lunedì 22 aprile 2013 – Sant’Agàpito I, Papa 

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 12,1-11)
 
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

 
Spunto di meditazione e di preghiera personale:
  

Gesù continua il discorso metaforico del Buon Pastore, Lui si dichiara Pastore di anime e così dovranno essere i suoi discepoli. Ricordiamo quando chiese a Pietro: “Mi ami?” e all’apostolo incerto che pur non ebbe il coraggio, ancora una volta, di “donare” tutto se stesso, rispondendo un semplice: “Signore, Tu lo sai che Ti voglio bene, che ti sono amico”, invece che: "Sì Signore, io ti amo", Gesù disse: “Pasci le mie pecore”.
L’esempio della dedizione e dell’amore del pastore verso le sue pecore Gesù lo trova talmente calzante da riproporlo in più di un'occasione. Un pastore sceglie i pascoli migliori per nutrire le sue pecore, è disposto a lasciare per mesi la sua casa ed i suoi affetti per stare con le sue pecore, se una di esse si allontana è capace di lasciare tutte le altre nel recinto, per andare a recuperare la pecorella smarrita.
Il Pastore è capace di donare tutto se stesso per le sue pecore, Gesù farà lo stesso con la Passione e morte in Croce. E’ questa la 'perfezione' del Buon Pastore (kalòs = perfetto), che si trasforma in “agnello sacrificale" per tutti noi (Agnello di Dio, lo invochiamo durante la Messa subito prima della comunione, prima di cibarci del Suo corpo immolato ed offerto in sacrificio per noi).
Gesù ci dice anche che un Buon Pastore conosce tutte le sue pecore, le sa distinguere, le chiama per nome ad una ad una, così come Lui fa con ognuno di noi, legge nei nostri cuori, ascolta la preghiera silenziosa di ognuno ed ad ognuno offre il Suo aiuto ed il Suo Amore. Gesù ci dice anche che Lui è la porta di questo Amore, la porta della salvezza e dell’accesso alla vita eterna, Lui è l’inizio e la fine, l'alpha e l'omega, di una nuova vita e questa porta è sempre aperta per ognuno di noi… basta fare il primo passo e varcare la soglia per ritrovarsi a casa... finalmente nella Casa del Padre!
IV DOMENICA DI PASQUA
Alle mie pecore io do la vita eterna

Domenica 21 aprile 2013



Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,27-30)

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».


Spunto di meditazione e di preghiera personale:

La IV domenica di Pasqua è conosciuta come quella del "Buon Pastore", con riferimento a quanto Gesù dice di sé appunto nel cap. 10 di Giovanni (cf. Gv. 10,11: "Io sono il buon pastore: il buon pastore dà la sua vita per le pecore": è questa forse l'espressione più nota dell'intera metafora, che si sviluppa in questi versetti).
La parola tradotta abitualmente con l'aggettivo "buon, buono" è kalòs, nel testo di Giovanni: si può anche rendere così, tuttavia non trova corrispondenza piena nella nostra lingua. Kalòs infatti indica una perfezione, una pienezza, pertanto Gesù indica in se stesso il "pastore perfetto", il (solo) "pastore in senso pieno", proprio perché nessuno si è spinto così in là nell'amore verso il gregge da farsi "uno del gregge", da assumere la natura delle pecore per poter dare a loro la Sua vita, fino in fondo, senza difendere nulla e senza contropartita (infatti, Gesù contrappone a questo pastore il mercenario).
Gesù era stato indicato dallo stesso Battista come 'l'agnello di Dio' (Gv 1,29), e l'Apocalisse lo presenterà poi come un 'agnello immolato' (cf. Ap. 5,6ss.). Per questo le pecore di Cristo, come dice qui Lui stesso, lo ascoltano e lo seguono. Gesù parla il 'linguaggio' a noi più familiare,  quello della fragilità della carne, che traduce in gesti di vita concreta l'amore di Dio, fino alla Pasqua.
Questo amore, come dice il Signore, è un amore forte, più forte di ogni avversario, di ogni predone, di ogni insidia. La mano che ci tiene saldi e ci difende è quella appunto dell'Agnello immolato sulla croce, è quella ferita dal chiodo, trapassata dal nostro peccato ma più viva e attiva che mai, trasfigurata dalla risurrezione, mostrata all'incredulità di Tommaso come segno di riconciliazione, innalzata come un vessillo di vittoria davanti al mondo.
Questa mano benedetta di Gesù è la stessa del Padre, infatti Cristo è la mano e il braccio del Padre, è il cuore stesso del Padre: loro sono Uno! E noi ci riposiamo, ci dissetiamo,  ci saziamo, ci sentiamo protetti, come gregge di Dio, nello 'spazio' della loro comunione, del loro 'essere Uno'.

sabato 20 aprile 2013

 Sabato della III Settimana di Pasqua
 
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
Sabato 20 aprile 2013 – Santi Sulpicio e Serviziano, martiri; Sant’Aniceto, Papa
 Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 6,60-69)
 

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».



Spunto di meditazione e di preghiera personale:

Si conclude questa settimana con la proclamazione della conclusione del cap. 6 di Giovanni, che ci ha accompagnato negli ultimi giorni, dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci al lungo discorso di Gesù, che con forza ha identificato se stesso col "pane della vita", nella sinagoga di Cafarnao.
Man mano che Gesù parlava, più esplicito diventava il riferimento al dono totale di sé che Lui  intendeva fare al mondo - dono che fonda la possibilità di salvarsi o di perdersi, se accolto o rifiutato - pian piano sono andati via quasi tutti: la folla iniziale, i Giudei, gli stessi discepoli... sono rimasti solo gli apostoli.
Gesù è stato chiaro con tutti, è sembrato quasi duro nella sua fermezza... Ha agito secondo la logica del "meglio solo che male accompagnato", verrebbe da dire... In realtà, Gesù non è stato esigente, semplicemente ha messo tutti (anche se stesso: sa bene cosa significherà per Lui mantener fede a quanto ha detto) di fronte alla radicalità del problema: la vita o la si prende per sé o la si dà; o la si difende o la si dona; o la si conserva fino al disfacimento o la si spezza per il mondo: non ci sono vie di mezzo. Del resto, noi la vita eterna non ce l'abbiamo, la vita di Dio possiamo riceverla solo da un Dio che si fa 'uno' con noi, "uno di noi", rinunciando alla Sua distanza.
Non si può seguirlo per curiosità, per soddisfare un bisogno materiale come la fame, per desiderio di riscatto... ma solo per fede, fede nel Figlio dell'Uomo. Gesù non obbliga nessuno a rimanere e a credere in Lui, ma solo chi lo farà avrà con Lui una comunione di vita definitiva, un rapporto intimo e familiare, da vero amico e fratello, da figlio di Dio e con Lui sarà sempre nel Regno, trasfigurato nel corpo di carne.
Per questo Gesù chiede anche ai Suoi più intimi, agli Apostoli, le dodici colonne di quello che sarà il Nuovo Israele della fede, di pronunciarsi: se anche loro lo vogliono, possono andare via liberi e svincolati da qualsiasi impegno... E' un momento di intensità fortissima, è tempo di decidere da quale parte stare, perché da adesso sarà per sempre!
Ed è Pietro, spinto dallo Spirito, a parlare per tutti, lui che lo rinnegherà per tre volte ma che poi, ravvedutosi, lo seguirà fino in fondo, fino a morire per lui martire, deriso, umiliato e torturato come il Maestro ma felice alla fine per aver dato compimento alla missione ricevuta, per aver dato nella professione di fede fino al sangue il fondamento stabile della Chiesa: "Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna".
L'ora si avvicina, ma i Suoi, gli uomini semplici da Lui scelti, i Suoi "pescatori d'uomini", sono finalmente pronti, ora tutto si può adempiere!