domenica 31 marzo 2013




DOMENICA di PASQUA

 


Risurrezione del Signore

 

 Domenica 31 marzo 2013 


 
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.







Spunto di meditazione e di preghiera personale:

Dopo la notte di veglia e la liturgia della luce che ha riacceso i nostri cuori, svegliandoli dal buio delle tenebre della morte, non solo quella di Gesù, ma anche quella del nostro spirito, offuscato dal peccato e dall'incredulità, eccoci arrivati finalmente davanti al Sepolcro di Gesù, come gli Apostoli. Ma anche noi come Pietro e Giovanni siamo in realtà spesso uomini di poca Fede, Gesù ha annunciato la Buona Novella del Suo atto d'Amore estremo per salvare ognuno di noi e poi risorgere a nuova vita, ma quanti di noi gli hanno creduto? Quanti sono disposti a credere senza vedere? Gli stessi Pietro e Giovanni, fanno fatica a credere, anzi si sono dimenticati completamente di quanto detto da Gesù, ma anche di quanto affermato nelle Sacre Scritture ....."non avevano ancora compreso la Scrittura, cioè che egli doveva risorgere dai morti". Poi vedono, entrano nel sepolcro vuoto e finalmente credono! Quanta fatica ha dovuto fare Cristo per entrare nei loro e nei nostri cuori, la stessa Maria di Magdala, inizialmente, pensa che il corpo di Gesù sia stato spostato in un altro sepolcro. Chiediamo al Signore di aiutarci a credere in Lui ogni giorno, anche senza averlo visto con i nostri occhi, ma imparando a sentirlo nel silenzio della nostra anima e nella preghiera quotidiana, apriamo le nostre porte all'amore di Gesù, non con la ragione ma con la fede e con cuore puro e disponibile, da veri figli e veri fratelli, così possiamo avvicinarci alla gioia della resurrezione pasquale!


venerdì 29 marzo 2013



 Veglia Pasquale nella Notte Santa

Sabato 30 marzo 2013


Liturgia della Luce



 BENEDIZIONE DEL FUOCO

Fratelli, in questa santissima notte, nella quale Gesù Cristo nostro Signore passò dalla morte alla vita, la Chiesa, diffusa su tutta la terra, chiama i suoi figli a vegliare in preghiera.
Rivivremo la Pasqua del Signore nell’ascolto della Parola e nella partecipazione ai Sacramenti; Cristo risorto confermerà in noi la speranza di partecipare alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre.
Preghiamo.
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici + questo fuoco nuovo, fa’ che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno. 
Per Cristo nostro Signore.




 Preparazione del cero

Il sacerdote incide una croce sul cero pasquale per configurarlo a Gesù Cristo; poi incide l’alfa e l’omega, prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, per indicare che Cristo è il principio e la fine di tutte le cose; infine incide le cifre dell’anno per significare che Gesù - Signore del tempo e della storia - vive oggi per noi.

Il Cristo ieri e oggi:
Principio e Fine, Alfa e Omega.
A lui appartengono il tempo e i secoli.
A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno. Amen.
Per mezzo delle sue sante piaghe gloriose,
ci protegga e ci custodisca il Cristo Signore. 
Amen.


Al fuoco nuovo il sacerdote accende il cero pasquale

La luce del Cristo che risorge glorioso
 disperda le tenebre del cuore e dello spirito. 


 Processione

 Annunzio Pasquale

Esulti il coro degli angeli,
esulti l’assemblea celeste:
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.
Gioisca la terra inondata da così grande splendore:
la luce del Re eterno
ha vinto le tenebre del mondo.
Gioisca la madre Chiesa,
splendente della gloria del suo Signore,
e questo tempio tutto risuoni
per le acclamazioni del popolo in festa.
[E voi, fratelli carissimi,
qui radunati nella solare chiarezza
di questa nuova luce,
invocate con me la misericordia di Dio onnipotente.
Egli che mi ha chiamato, senza alcun merito,
nel numero dei suoi ministri,
irradi il suo mirabile fulgore,
perché sia piena e perfetta la lode di questo cero.]




È veramente cosa buona e giusta
esprimere con il canto l’esultanza dello spirito,
e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente,
e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.
Egli ha pagato per noi all’eterno Padre
il debito di Adamo,
e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica.
Questa è la vera Pasqua,
in cui è ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.
Questa è la notte
in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri,
dalla schiavitù dell’Egitto,
e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.
Questa è la notte
in cui hai vinto le tenebre del peccato
con lo splendore della colonna di fuoco.
Questa è la notte
che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo
dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo,
li consacra all’amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi.
Questa è la notte
in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte,
risorge vincitore dal sepolcro.
(Nessun vantaggio per noi essere nati,
se lui non ci avesse redenti.)
O immensità del tuo amore per noi!
O inestimabile segno di bontà:
per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!
Davvero era necessario il peccato di Adamo,
che è stato distrutto con la morte del Cristo.
Felice colpa,
che meritò di avere un così grande redentore!
(O notte beata,
tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora
in cui Cristo è risorto dagli inferi.
Di questa notte è stato scritto:
la notte splenderà come il giorno,
e sarà fonte di luce per la mia delizia.)
Il santo mistero di questa notte sconfigge il male,
lava le colpe,
restituisce l’innocenza ai peccatori,
la gioia agli afflitti.
(Dissipa l’odio,
piega la durezza dei potenti,
promuove la concordia e la pace.)
O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo
e l’uomo al suo creatore!
In questa notte di grazia
accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
(Riconosciamo nella colonna dell’Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle
non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l’ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.)
Ti preghiamo dunque, Signore,
che questo cero, offerto in onore del tuo nome
per illuminare l’oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
quella stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli.





Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,1-12)

Il primo giorno della settimana, al mattino presto [le donne] si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.
Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno"».
Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli.
Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l'accaduto.

 

Sospendiamo per oggi la meditazione 

lasciando spazio al silenzio ed alla preghiera personale 


 

 




 



  Venerdì Santo

Passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo  


Venerdì 29 marzo 2013



Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni (Gv 18,1 - 19,42)

- Catturarono Gesù e lo legarono
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

- Lo condussero prima da Anna
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.







- Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

- Il mio regno non è di questo mondo
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.






 
- Salve, re dei Giudei!
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».





- Via! Via! Crocifiggilo!
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

- Lo crocifissero e con lui altri due
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».








- Si sono divisi tra loro le mie vesti
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

- Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

 (Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa)






- E subito ne uscì sangue e acqua
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».






- Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.






Spunto di meditazione e di preghiera personale:

La Passione e la Croce sono il compimento delle Scritture, il culmine dell'esperienza terrena di Gesù, la via che ha accolto dalle mani del Padre per ritornare al Padre e per introdurre l'umanità perdonata alla presenza del Padre.
L'ultimo messaggio che Gesù ci affida è l'indicazione della 'porta stretta' per la Salvezza. Tutto passa attraverso la Croce, quindi per l'accettazione del supremo mistero: la sofferenza.
Qui la sofferenza - la più brutale ed ingiusta - si trasforma in dono, il dono della vita del Figlio dell'Uomo per il nostro riscatto, per reintegrare l'uomo nella comunione con Dio, persa col peccato originale nel giardino dell'Eden: da lì sono usciti traumaticamente Adamo ed Eva, iniziando un lungo peregrinare terminato solo nel giardino del Getsemani con l'arresto di Gesù.
Il mistero unisce Amore e morte, la pienezza della vita viene misteriosamente unita alla passione e sofferenza di Gesù. Quante volte nella vita ci siamo chiesti e sentiamo chiedere 'perché?'
La morte è un passaggio connaturato con la vita, ma quando arriva - la nostra, quella dei nostri cari... - non siamo mai pronti! Soprattutto quando a questa precede la malattia, la sofferenza, il dolore e quando questi colpiscono i bambini e/o gli affetti vicini ci si chiede sempre 'perché?'.
La passione di Gesù non dà una risposta nell'ordine della cause, ma piuttosto nella prospettiva di un fine: più che un 'significato' all'indietro, siamo spinti a ricercare un 'senso', una direzione, in avanti.
La Croce rimane come risposta muta e piena di di mistero alle nostre domande, ma anche come una certezza: il Padre non ha mandato le Sue milizie angeliche a salvare Suo Figlio... Gli ha chiesto di bere fino in fondo l'amaro calice. Lo ha visto soffrire attimo dopo attimo, flagellato, incoronato di spine, senza fiato sotto il peso della Croce, deriso, umiliato, fiaccato nel corpo, inchiodato ad una Croce, colpo su colpo ha sentito i chiodi conficcarsi nel corpo mortale di Suo Figlio eppure - come rimarcavano farisei e soldati - non è intervenuto per salvarlo... ha accettato di 'morire' con Lui, in un certo senso di venir meno nella Sua paternità con lo spegnersi del Suo unico Figlio.  Il Padre ha posto su di Se e su Gesù tutta la sofferenza del mondo e con questo atto l'ha trasfigurata, ne hanno fatto un dono. Da quel momento sappiamo che Dio C'E'  nella croce, nella sofferenza, nel dolore, nella morte. E che lì possiamo trovare Lui, non più una voragine buia che ci inghiotte.
Sono parole povere, certo. Forse già sentite tante volte. Ancora oggi tutto ciò è un mistero così grande ...da accogliere in questi giorni soprattutto nel silenzio e nel raccoglimento, che solo ci permette di non perderci in vane fatiche.

giovedì 28 marzo 2013


Giovedì Santo - Messa in Cena Domini

Li amò sino alla fine

Giovedì 28 marzo 2013

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,1-15)
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».


Spunto di meditazione e preghiera personale:
Giovanni in questo Vangelo ci presenta un momento centrale dell’Ultima Cena, che negli altri evangelisti rimane nascosto (i Sinottici mettono in luce piuttosto l'istituzione dell'Eucaristia, la trasfigurazione dei segni della Pasqua ebraica): è un atto straordinario d'amore di Gesù verso i suoi discepoli, che tuttavia non lo comprendono. Ciò che il Maestro dice a Pietro - «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo» - vale in realtà per tutti...

Un racconto simile a questo - la lavanda dei piedi - era quello che qualche giorno fa ci mostrava le attenzioni  prestate da parte di Maria, sorella di Lazzaro, verso Gesù, a Betania, anche se con un significato diverso. Il denominatore comune, tuttavia  è unico: l'amore.
Qui però è Dio stesso che, col Suo potere unico di risanare e di ridare la vita, passa a lavare i piedi dei suoi apostoli, esprimendo con ciò la sua intenzione di fare un atto divino, quello di "andare fino in fondo" nell'amore (li amò sino alla fine), fino alle estreme conseguenze.
Là dove a nessun uomo era possibile, prima che Gesù riaprisse la strada all'Albero della Vita.
Per amare davvero nella misura di Dio - l'unica capace di ridare un futuro all'uomo che ha perduto Eden - Gesù sa che deve 'mettere le mani' là dove c'è la parte irrimediabilmente malata e confusa di ogni persona umana, quella sporcata dalla superbia, dall'idolatria di se stessi, dall'incredulità, dalla paura... deve arrivare fino alla morte fisica e spirituale dell'uomo. E Pietro lo capirà "dopo", quando vedrà Gesù pronto ad andare in croce e lui incapace di mettersi in gioco per questo amore, anzi pronto a rinnegare tre volte. Vedrà, di colpo, i suoi "piedi sporchi"... ognuno di loro li vedrà, tutti rimarranno scandalizzati dalla croce. Ma poi capiranno... e col perdono riceveranno lo Spirito datore di vita che li abiliterà, finalmente, a fare gli stessi gesti del Maestro.

Ancora una volta Gesù, il Figlio di Dio, prendendo l'ultimo posto, invita i Suoi Apostoli a farsi ultimi tra gli ultimi, a non tirarsi indietro di fronte alla povertà del fratello, a non vergognarsi di servire... li esorta anche, come aveva già fatto mandandoli a predicare due a due, a sostenersi a vicenda in qualsiasi momento, affrontando uniti qualsiasi difficoltà.
E’ il Suo ultimo atto-messaggio tangibile di Amore, prima del momento finale della donazione estrema di se stesso, non simbolicamente ma realmente inchiodato sul legno, quando il Figlio dell’Uomo arriverà con la Sua carne a quell'abisso che è il cuore del peccatore, si “arrampicherà” in un gesto di slancio, di passione straordinari, sul Golgota e sulla Croce, per tutti noi, per la nostra salvezza!






Lavanda dei piedi


Il Signore si alzò da tavola versò dell’acqua in un catino,
e cominciò a lavare i piedi ai discepoli:
ad essi volle lasciare questo esempio.

“Signore, tu lavi i piedi a me?”.
Gesù gli rispose dicendo:
“Se non ti laverò, non avrai parte con me”.
Venne dunque a Simon Pietro, e disse a lui Pietro:
- Signore, tu lavi...
 “Quello che io faccio, ora non lo comprendi,
ma lo comprenderai un giorno”.
- Signore, tu lavi...

“Se vi ho lavato i piedi,
io, Signore e Maestro,
quanto più voi avete il dovere
di lavarvi i piedi l’un l’altro”.

“Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli,
se vi amerete gli uni gli altri”.
V. Gesù disse ai suoi discepoli:
- Da questo tutti sapranno...

“Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri
come io ho amato voi”, dice il Signore.

Fede, speranza e carità,
tutte e tre rimangano tra voi:
ma più grande di tutte è la carità.
V. Fede, speranza e carità,
tutte e tre le abbiamo qui al presente:
ma più grande di tutte è la carità.
- Fede...

mercoledì 27 marzo 2013


Mercoledì della Settimana Santa

In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà

Mercoledì 27 marzo 2013

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 26,14-25)
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

Spunto di meditazione e preghiera personale:
Anche il Vangelo di Matteo affronta, come ha già fatto Giovanni, quel fallimento esistenziale terribile e doloroso che è il tradimento, che nella vita di Gesù - a cui non è risparmiato nulla di quanto  amareggia la vita dell'uomo - è personificato in Giuda Iscariota.Abbiamo già riflettuto insieme sul suo agire ieri, e appena prima lo abbiamo incontrato anche a Betania, con i grandi amici di Gesù, Marta, Maria e Lazzaro.In quell'occasione si rammaricava dello spreco di unguento costato trecento denari (l’equivalente odierno di qualche migliaia di euro) e poi invece vende Gesù per trenta miseri denari? Al di là del simbolismo, è evidente quanto sia insignificante la cifra in se stessa e come le ragioni di questo atto vadano ricercate più in profondità: non a caso la liturgia insiste nel riproporlo.Il primo tradimento si compie nella relazione interpersonale, come abbiamo visto ieri, ma Giuda ne compie un secondo, quello contro se stesso e contro la chiamata all'amore e alla santità che aveva ricevuto insieme agli altri Apostoli.La sua vita aveva avuto un regalo speciale, del tutto straordinario, per tre anni si era abbeverato 'in diretta' agli insegnamenti di Amore e di misericordia di Gesù, aveva visto con i suoi occhi i "segni" che accreditavano il Maestro come Messia: certo, diverso dalle aspettative di tutti, di Giuda in particolare.Ecco spiegato il tormento disperato della tristezza e la desolazione della consapevolezza che Giuda avrà nel momento in cui, con il suo bacio nell'orto del Getsemani, tutta la tragica verità del gesto del tradimento del Maestro apparirà ai suoi occhi, fino ad allora velati dalla rabbia e dalla presunzione, dal desiderio di vendetta per la delusione.Non sappiamo nulla della famiglia di Giuda, ma egli agisce come un uomo rimasto da solo, un isolato, così come sarà nel momento della consapevolezza: non sarà capace di gestire il rimorso per quanto fatto e invece di cercare i suoi fratelli (gli Apostoli), di incontrare i loro occhi e quelli di Gesù per trovare conforto, per chiedere perdono... persevera nel suo peccato e corre nell'unico posto dove non sarebbe mai dovuto andare: nelle fauci del lupo, il Sinedrio... Così parla Matteo (27,3-4): "Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!»...".Impressionante questo gesto e questo dialogo! Giuda getta loro in faccia i trenta denari cercando di usarli, in un gesto di disperazione e di rabbia inconcludente quasi come merce di scambio, per tornare indietro nel tempo - fosse possibile! - e riavere la sua dignità, la grazia dell'essere discepolo, la gioia di vedere ancora libero il suo Maestro - fino allora tanto giudicato da lui, ma anche tanto amato - ma si scontra con il rifiuto, lo scherno, la violenza verbale e fisica di coloro che finalmente riconosce come nemici.
Gesù era stato l’unica persona a volergli bene, a dargli la giusta importanza tra i Dodici: confidava talmente nelle possibilità di crescita di questa persona da lasciargli la borsa del gruppo, anche quando era evidente la sua disonestà... non solo, ma conoscendo le sue intenzioni, non lo aveva fermato, lo aveva lasciato libero di scegliere, pur ammonendolo e mettendolo in guardia sulle conseguenze delle sue azioni...
Eccolo ora di nuovo solo e disperato, con un dolore incolmabile... L'unica cosa che il maligno gli suggerisce è che lui agli occhi del mondo sarà per sempre la causa della prigionia e della prossima condanna a morte del Messia... ed è così che, tradendo di nuovo se stesso e quella vivente Misericordia per il peccatore che è Gesù, non trova altro che la non-soluzione dell'auto-distruzione, non si apre alla possibilità di avere fiducia in Chi lo ha amato così tanto, da sempre... in Chi non lo ha mai giudicato, nemmeno quando lo metteva di fronte alla sua responsabilità e ora è pronto a sacrificarsi per lui e tutti gli uomini...
Purtroppo, Giuda lo tradirà di nuovo... e tradirà di nuovo e definitivamente se stesso, con una corda, appendendosi al ramo più alto di una di quegli alberi nello stesso giardino dove tutto ebbe inizio e... fine.

martedì 26 marzo 2013



Martedì della Settimana Santa

 


Uno di voi mi tradirà... Non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte



Martedì 26 marzo 2013 

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 13,21-33.36-38)

In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardarono l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare fallo, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poichè Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte».

 

Spunto di meditazione e di preghiera personale:

In questo brano, tratto dal racconto che Giovanni fa dell'ultima cena, inizio della Passione di Gesù, si consuma invece l'epilogo della vicenda terrena di un altro personaggio, passato alla storia come "il traditore" per antonomasia: Giuda Iscariota.

Giuda era uno dei dodici apostoli scelti da Gesù per diffondere la Buona Novella, dodici in quanto rappresentano il principio ed il fondamento del nuovo Israele, la Chiesa. A lui, come abbiamo visto nel Vangelo di ieri, era affidata la cassa del gruppo ed anche in questo ruolo risultava alquanto discusso e discutibile. Giuda è comunque un personaggio centrale nella vita e nella storia di Gesù, anzi potremmo dire, in certo qual modo, che senza di lui non ci sarebbe stato tradimento, non si sarebbero adempiute le Scritture e Gesù non sarebbe morto, perlomeno non in quel momento, non con le modalità che conosciamo.


Potremmo anche pensare che il destino di Giuda era segnato dall'inizio - qualcuno lo ha fatto, identificando in Giuda addirittura  una specie di eroe tragico, che sacrificando se stesso rende possibile la redenzione - ma in realtà dalle parole del Maestro capiamo che, come sempre, l'uomo ha sempre una possibilità di scelta e Gesù glie la mette davanti, fino all'ultimo, dicendo: "Quello che vuoi fare, fallo, fallo presto". E davanti a questa esortazione, Giuda non tentenna, la sua decisione è presa: il suo libero arbitrio è stato esercitato e rispettato.
Certo egli non tradisce Gesù per trenta miseri denari (una cifra comunque simbolica, è il prezzo pagato dalle autorità religiose per 'ricompensare' il servizio del Pastore inviato da Dio ad Israele in Zc 11, nell'atto di rigettarlo). Giuda, pur essendo un apostolo, fa ormai parte di quella schiera di detrattori e di persecutori che abbiamo visto allargarsi negli ultimi brani dei Vangeli. Non è stato sempre così, ovviamente: all'inizio Giuda era entusiasta di aver incontrato il Messia, di poterlo seguire nei Suoi insegnamenti e spostamenti.
Giuda, come del resto gli altri apostoli, era legato a quella visione Veterotestamentaria del Messia condottiero, del novello Davide che avrebbe guidato il popolo d'Israele contro il gigante oppressore (Roma); ma man mano che il tempo passava, Gesù dimostrava sempre di più la Sua intenzione di essere Re in un altro modo (lo dirà espressamente a Pilato), non usando la violenza ma l'amore... la sua volontà di liberare sì gli uomini, ma dal dramma e dalle conseguenze del peccato originale, per farli rinascere a nuova vita nel battesimo di Spirito. Giuda, nei gesti che fa - consegnare Gesù per una misera cifra, indicarlo con un bacio ai suoi carnefici... tutti segni di disprezzo e di rancore - attesta evidentemente di essere un deluso dal suo presunto 'idolo' rivelatosi inconsistente: il trascinatore di folle e di eserciti che aveva idealizzato era invece un Uomo (Dio!) portatore al mondo di Amore, di semplicità, perdono, misericordia. Per questi motivi la delusione era sfociata in rabbia ed i trenta denari offerti sono solo un pretesto. Il Sinedrio era arrivato a lui perché in qualche modo le spie dei sommi sacerdoti sapevano di questa inquietudine ed hanno fatto facile breccia in un uomo in realtà debole e disperato. Che tale rimarrà, ponendo fine alla sua vita dopo poche ore.


Insieme a lui, oggi la liturgia fa spazio anche Simon Pietro: un altro uomo debole e confuso, anche lui deluso nelle sue aspettative, al punto tale da rinnegare Cristo quella stessa notte... Ma a differenza di Giuda, ecco un peccatore che, messo di fronte alla sua colpa dal canto del gallo, può ancora incrociare lo sguardo misericordioso di Gesù - come abbiamo ascoltato domenica scorsa nel racconto della passione secondo Luca - e ritrovarci quel perdono incondizionato che lo salva dall'autodistruzione, dal senso di colpa che non lascia tregua a Giuda.
Frutti preziosi della Quaresima e della Passione di Gesù in noi sono proprio la certezza dell'Amore del Padre, in Gesù: qualsiasi sia la colpa... se siamo veramente contriti, Dio Padre è lì a braccia aperte per consolarci e ridarci Fede, Speranza e Amore infinito!